con alcune espressioni di solidarietà dei prigionieri del PCE (r ) e dei GRAPO e con quelle insite  nell’attività della Piattaforma 19 giugno 1999 e dei prigionieri delle CCC Belgio, questo documento è rappresentativo della solidarietà che ho avuto (e ricambiato) in quest’ultima detenzione da altri prigionieri in Europa

 LIBERTA’ PER TUTTI I COMPAGNI/E PRIGIONIERI/E DI ACTION DIRECTE E PER TUTTI/E I PRIGIONIERI POLITICI IN FRANCIA

Francia

Dichiarazione dei Prigionieri di Action Directe (Francia) alla Terza Giornata Internazionale del Prigioniero Rivoluzionario - Belgio, 19 Giugno 1999

La Guerra e i Prigionieri Rivoluzionari

[traduzione dal francese]

I preparativi della Giornata Internazionale del Prigioniero Rivoluzionario sono segnati dalla guerra imperialista nei Balcani. L'orrore del­le carneficine causate dai bombardamenti della NATO ed i massacri interetnici ritmati dai diversi partiti sciovinisti della ex-Jugoslavia, si impongono come la realtà di questo scorcio di millennio. Essi fanno eco alle centinaia di conflitti in Africa, in Asia, nel vicino Oriente  e ai milioni di rifugiati che trascinano il loro esi­lio in una nuova schiavitù "flessibile" e ai milioni di "morti per nien­te" se non per gli interessi di un clan o dell'altro nel mercato delle ricchezze sociali di una regione nel nuovo colonialismo della triade. Nessuna iniziativa militante può eludere questa congiuntura generale della guerra e tantomeno una mobilitazione per i prigionieri politici rivoluzionari

Oggigiorno, nel nostro messaggio di sostegno, noi partiamo da questa realtà per centrare la nostra proposta su due punti che noi pensiamo importanti per il dibattito.

1. I Prigionieri Politici Rivoluzionari e  il "Partito della Guerra"

In ciascuno dei nostri interventi in occasione delle mobilitazioni del 19 giugno, noi avevamo battuto come argomento decisivo sul legame tra la liberazione dei prigionieri e lo sviluppo del movimento rivoluzionario. La situazione dei prigionieri non è un elemento separato. Essa è interna alla questione rivoluzionaria e la sua risoluzione è la pro­va della sua avanzata. Essa stabilisce uno dei terreni su cui si svolge il combattimento al livello più alto. Là ove il potere dello Stato imperialista è più forte nell'espressione delle sue politi­che di repressione e controrivoluzione permanente. Ogni separazione introdotta artificialmente tra la liberazione dei Prigionieri Politi­ci e le esigenze di politicizzazione del movimento sociale, costitui­sce un tradimento degli stessi prigionieri rivoluzionari, della loro identità e della loro resistenza, così come essa si rovescia inesorabilmente contro la linea dell'antagonismo sociale. Oggigiorno di fronte alla guerra imperialista, i rivoluzionari devono ri1evare come la gestione attraverso la morte lenta di centinaia di prigionieri nelle sezioni speciali delle carceri d'Europa, sia indissociabile tanto dall'aggressione contro la ex-Jugoslavia quanto dall'a­limentazione delle guerre di bassa intensità nei continenti più poveri e nello nostre città metropolitane.

Il COMITATO 19 GIUGNO (Italia) in un Suo comunicato di aprile sotto­lineava questa evidenza. La violenza istituzionale delle forze imperialiste USA non si riassume solo nei loro sanguinosi interventi esterni, ella si caratterizza attraverso una società classista ed un apartheid spietato. Dove   i poveri delle comunità nere e 'latino' sono fucilati come conigli ad ogni angolo di strada e costituiscono l'immensa maggioranza dei detenuti che sopravvivono nei "bracci della morte". Allora, non si può opporsi alle aggressioni USA senza impugna­re anche la rivendicazione dì salvare Mumia Abu Jamal, che cristallizza l'opposizione alla violenza interna agli USA e la questione di tut­ti i Prigionieri Politici del continente americano.

Continuando questo ragionamento, i compagni italiani spiegavano che la base militare di Aviano (Veneto) è la porta-aerei avanzata della NATO nel quadro dell'aggressione attuale e che di conseguenza il movimento contro la guerra  che si riunisce davanti a questa base deve ugualmente portare avanti la rivendicazione della liberazione dei quattro comunisti combattenti condannati per aver mitragliato i suoi edifìci nel 1993 (nota 1: Il 2 settembre 1993, un comman­do rivendicatosi delle Brigate Rosse, ha attaccato la base USAF di Avìano-PN. Il 25 ottobre vari militanti sono arrestati nel quadro dell'inchiesta, quattro sono processati a Udine nel giugno 1994 e condannati a lunghi anni di prigione).

Quale collettivo di Prigionieri Politici non è erede delle grandi lot­te contro la NATO negli anni 80 in Germania, in Italia, in Belgio, in Francia ... ?  Il movimento contro il militarismo occidentale (la guer­ra fredda, la corsa agli armamenti, la crisi dei missili, i complessi militar-industriali, le guerre stellari di Reagan ...) aveva fatto della lotta contro la NATO il cuore della resistenza antimperialista sul nostro continente. E la guerriglia ne era la punta di diamante. Noi siamo tutte e tutti imprigionati per aver attaccato le strutture politiche o militari della NATO,   i generali americani ed europei, (Haig, Dozier, Kröesen, Audran, Giorgieri, Hunt ...) (nota 2: Haig generale in capo della NATO è stato ferito dal commando Andreas Baader della RAF nel 1979, Dozier, generale in capo del fronte sud dell'alleanza è stato sequestrato dalle BR nel 1981, Krõesen generale in capo delle forze aeree della NATO ferito dalla RAF, Audran direttore degli affari internazionali al Ministero della Difesa, responsabile del coor­dinamento con la NATO ucciso dal commando Elisabeth Van Dick di AD nel 1985, Giorgieri generale d'aviazione, direttore al Ministero della difesa ucciso dall'UdCC nel 1987, Hunt generale in capo delle  forze dell'ONU nel Sinai garante degli accordi USA-Egitto-Israele, ucciso dalle BR), le basi in Portogallo, in Italia, in Grecia, la base aerea di Francoforte (nota 3: azione del commando congiunto RAF-AD George Jackson nel luglio 1985, 3 militari USA furono uccisi e una trentina furono i 2 feriti).  E decine di altri siti furono obiettivi dei nostri sabotaggi, come le pipe-lines (in Spagna, in Bel­gio), le scuole di guerra (nota 4: Scuola di guerra della NATO a Roma nel 1994 dai NCC-PCC, Scuola di guerra a Parigi nel 1980 da AD), le officine militari, il parlamento dell'Alleanza Atlantica ... Le centinaia di azioni della guerriglia comunista e del fronte della re­sistenza antimperialista hanno sottolineato le mobilitazioni popolari dopo le prime azioni della RAF nel 1972 (nota 5: la RAF fece tra l'al­tro saltare i computers dell'esercito USA che guidavano i bombardamenti dei B52  americani contro il Vietnam del Nord). Queste miglia­ia di episodi di resistenza furono una delle cause non secondarie del­la condizione difensiva della NATO nei decenni 70 e 80.

Dopo un decennio di aggressioni, in Irak, in Somalia, a Panama, in Bosnia, .... e oggi nella ex-Jugoslavia, gli USA sono riusciti a conser­vare la NATO che essi dominavano e a dargli una nuova forza sullo scenario europeo (nota 6: “La NATO, come garante della sicurezza euro­pea, deve assumere un ruolo ‘dirigente’ nella promozione di una Europa più integra e sicura  e “Noi manterremo in Europa  circa 100.000 militari per contribuire alla stabilità regionale, per sostenere i nostri legami transatlantici vitali e conservare la leadership degli USA nella NATO” da: Una Strategia Nazionale della Sicurezza per un Nuovo Secolo. Documento della Casa Bianca Ottobre 1998). I depositi militari sono tuttora stracolmi mentre le politiche di rigore e di assestamento pesano sulla spesa sociale. I depositi militari USA hanno già un valore di 280 miliardi di dollari, e raggiungeranno i 330 miliardi di dollari nel 2005. Nell'Est europeo, i nuovi protettorati (la Polonia, l'Ungheria e la rep. Ceca) partecipano a questo sforzo bellico. Come membri de1la NATO, essi si rovinano per. rendere aggiornati i foro armamenti, e questo, certamente, par i profitti dei grandi monopoli del complesso militare-industriale USA (nota 7: questi acquisti militari per lo standard NATO figurano come condizione sine qua non per l'ammis­sione nella struttura atlantica).. La conversione della NATO de1 post guerra-fredda è stata condotta a tappe forzate nel quadro della pacificazione della triade. Essa ne è il pezzo più importante. La sua egemonia è stata eretta con la collaborazione del partito della guerra euro­peo e dei suoi rappresentanti conservatori e conformisti. Di destra o di sinistra, post-moderni o meno, ma veramente neofascisti, essi hanno tutti sostenuto le politiche militariste del capitale della triade compresi i pacifisti degli anni 80 riconvertitisi in gestori incravattati.

Davanti alla crisi attuale ed alla dominazione del partito della guerra, il movimento anti-guerra più avanzato sul nostro continente. scrive: bisogna “lavorare nel fuoco di questi giorni per far crescere l'accumulazione e la selezione delle forze, delle energie e le possibilità di una vera opposizione rivoluzionaria alla guerra imperialista, capace di lottare e colpire USA, NATO, il governo e i suoi partiti, i suoi sindacati, con ogni mezzo necessario. La parola d’ordine di 'guerra alla guerra' non può che crescere che sulla base di iniziative… 'mili­tanti' non pacifiste” (nota 8: Rossoperaio, aprile 1999).

È lì che noi tocchiamo precisamente l'importanza del legame tra la memoria delle lotte cristallizzata nella detenzione politica e l'azio­ne politica immediata, questa è la possibilità di superare uno scoglio nel combattimento rivoluzionario attuale.  L'impegno a pren­dere il fucile contro la guerra ristabilisce l'ordine delle priorità p6litiche nelle lotte e la solidarietà con i rivoluzionari prigionieri. Quindi se ci poniamo concretamente il problema, esso troverà la sua soluzione.

A questo punto, migliaia di compagni si libereranno dalle gabbie metropolitane della controrivoluzione permanente e dei messaggi predigeriti della propaganda e dell'ideologismo. La detenzione politica ces­serà di essere una vecchia cicatrice. La fusione tra le lotte di oggi contro il militarismo occidentale e la storia del movimento anti-guerra e anti-NATO sul nostro continente potrà realizzarsi fino in fondo.

Afferrare alla vita il problema politico della detenzione dei prigionieri politici si trasformerà allora in un momento concreto dello scontro contro il “Partito della guerra” !

2. La Liberazione dei Prigionieri Politici Rivoluzionari e la Gestione Neoliberista

Una delle realtà del capitalismo monopolista transnazionale è di dare tutta la priorità alla gestione immediata della crisi generale del sis­tema e alle crisi multidimensionali che ne derivano. Esso non regola nulla perché, nei fatti, per il mercato, per la via neoliberista, nem­meno con un capitalismo dal volto umano, non si può regolare nulla.

Esso prende qui, per tappare lì. Esso trasferisce, ordina, concentra i suoi sforzi su di un punto più instabile, più cruciale per i suoi interessi di altri, ma per un certo periodo solamente. Il tempo di renderlo più compatibile. Globalmente, esso protegge dai più pressanti, i suoi centri nevralgici nella Triade e qualche isola di ricchezze nel Tricontinente, facendo ricadere sui più poveri e sui più deboli, le principali conseguenze della sua crisi. L'epoca è di conseguenza dominata dalla gestione neoliberista.

Questa è l'epoca del nuovo CONTENIMENTO.

Bisogna contenere i picchi di crisi e i possibili crash. E in parti­colare, bisogna contenere le resistenze del nemico principale che la rnondialità neoliberista ha creato: il proletariato mondiale. Tutte le rivolte devono rimanere "sotto controllo" e anche la semplice gestione del controllo diventa la politica globale della borghesia imperialista. La situazione dei Prigionieri Politici risente di questi termini generali del neoliberismo.

Un Prigioniero Politico non rimane in prigione sulla base di una sempli­ce condanna di un tribunale speciale. Si è visto e si vedono ancora dei Prigionieri Politici superare i quadri legislativi delle pene in corso nel paese ove essi sono detenuti. Ed altri, liberati ben prima di essersi sottomessi ai programmi dello Stato. I prigionieri rivoluzionari so­no un ostaggio delle politiche di pacificazione. E' gestito tra quattro mura per tutto il tempo che serve agli interessi dello Stato (dimostrazione di forza dei monopoli statali della violenza e dell’“inutilità suicida della rivolta”) e per tutto il tempo che egli rappresenta il minimo grado di pericolosità, sia direttamente, sia per la potenziali­tà della memoria collettiva che egli assume.

Mentre si parla di liberazione dei Prigionieri Politici, bisogna comprendere bene che le centinaia di prigionieri rivoluzionari europei non saranno liberati per una grazia collettiva dei regimi militaristi attuali. I poteri della triade non hanno bisogno di amnistie di massa a livello nazionale capaci di riprodurre delle forme di conciliazione come quelle che si resero possibili e necessarie negli anni 60-70 (nota 9: vedere la successione di amnistie accordate dal potere gollista, 1964, 1967, 1968 per gli ultimi anni. Poi le amnistie di Pompidou, nel 1969, di Giscard nel 1974 e     infine di Mitterand nel 1981. Le amnistie politi­che facevano parte delle esigenze di coesione della politica nazionale nel Welfare State).

Tanto più che dopo una successione di sconfitte e di arretramenti, in Europa, la borghesia è riuscita a isolare l'idea della resistenza armata e a contenerla con il terrore delle galere. Oggigiorno ella cre­de di poterla sradicare definitivamente con la stessa distruzione len­ta dei militanti. 

Su questa base, i prigionieri rivoluzionari saranno detenuti ancora per molti anni finché la loro situazione non metta in pericolò la politica (di gestione-utilizzo-negazione-distruzione) dello Stato. I giudici possono anche dichiarare che Christian Klar (RAF) dovrà aver scontato 24-26 anni di carcere prima di avere la semplice possibilità di chiedere   una liberazione condizionale (ossia 10 anni di più di un detenuto comune). Essi possono anche opporsi alla liberazione di detenuti gravemente malati, anche in Francia, Georges Cipriani (AD) che soffre di turbe psichiche in seguito a numerosi anni di isolamen­to, e internato nel 1993, è ancora detenuto. Pello Marinelarena non è stato liberato se non quando era già in coma profondo, e morì qualche ora dopo (nota 10: il 15 maggio 1993, Pello Marinelarena muore. Egli era stato arrestato in Bretagna tre anni prima. Malato di Aids, Pello non è mai stato curato seriamente. Il giudice d'istruzione ri­fiutò la sua scarcerazione finché non cadde in coma. Sarà ospedalizzato in una clinica della regione parigina per morirvi. E il tribunale accordò la libertà provvisoria a Ramazan Alpaslan dopo che il suo corpo si trovava già all'istituto medico-legale (nota 11: Ramazan Alpasan, detenuto Kurdo, si è suicidato il 15 marzo 1998 nella sua cella di Fleury dopo due anni di carcerazione preventiva. L'indomani della sua morte, la chambre d'accusation di Parigi promulga la sua scarcerazione !).

E non sarà nemmeno tanto caro allo Stato il costo di custodire i pri­gionieri rivoluzionari rispetto a quanto gli costerebbe il liberarli. Per lavorare alla liberazione dei prigionieri oggi in Europa, bisogna avere questa consapevolezza. Finché la mobilitazione non compie un salto nell'antagonismo, finché essa non rischia di trasformarsi in un' pericolo immediato per lo Stato, ed in una rivelazione di forme reali di repressione politica, essa non potrà raggiungere i suoi obiet­tivi.

Come per le altre situazioni di crisi, il potere gestisce la detenzio­ne politica, ne assume tutto il contenimento delle contraddizio­ni che essa genera così come è in grado di fare. Finché non si senta obbligato a dover rivalutare il prezzo di questa gestione.

Bisogna Far Pagare allo Stato il Prezzo della Sua Politica di Distruzione dei Prigionieri Rivoluzionari !

Per concludere, noi salutiamo l'azione delle Brigate Rosse contro il tecnocrate D'Antona e noi solidarizziamo con tutti i militanti rivo­luzionari che, nelle ultime settimane, in Belgio, in Italia e in Gre­cia,  sono stati all'avanguardia della lotta contro la NATO e le forze europee del Partito della guerra. In quanto prigionieri rivoluzionari, noi rivendichiamo il legame storico ed inalienabile tra questa attualità di resistenza e le nostre lotte negli anni 70 e 80.

 

"LAVORARE ALLE ALLEANZE NECESSARIE ALLA COSTRUZIONE DEL FRONTE COMBATTENTE ANTIMPERIALISTA"                                    SEGUIREMOS ADELANTE !

 19 giugno 1999                                                                                                                                 Prigionieri di Action Directe

                                                                              Joelle Aubron, Nathalie Menigon e J.Marc Rouillan

(traduzione a cura di un prigioniero politico)